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Francesco Cusa & Naked Musician

Il concetto di conduction è legato strettamente al modo di dirigere l'orchestra proprio di Butch Morris; con questo termine si intende significare una sorta di improvvisazione guidata dal gesto del direttore: non esistono partiture, né accordi fissati in precedenza. Si procede a braccio, in maniera estemporanea, seguendo le indicazioni mimiche o sceniche del bandleader. Francesco Cusa si lancia in questa sfida, decisamente rischiosa a priori, per i molti elementi di incertezza e di casualità legati a questa pratica operativa, radunando otto voci italiane fra le più accreditate del canto di ricerca, fra il jazz e altri generi musicali, colti o popolari. Malgrado lo spiegamento di forze in campo, la musica non decolla e si rimane spiazzati di fronte a un profluvio di invenzioni e di citazioni che spuntano apparentemente senza un collegamento necessario. Alcune tracce sono brevi schegge inferiori al minuto, mentre il brano più consistente supera di poco i quattro minuti.

Nel disco si sentono recitativi improbabili, vocalizzi spinti verso l'alto fino alla nota impossibile, fraseggi in stile Bobby McFerrin della componente maschile per costruire un ritmo su cui poi volteggino le interpreti femminili. Si procede fra lamenti, sospiri di piacere e sberleffi assatanati. Si ascoltano folate di suono dal piano al mezzo forte di cori volutamente sguaiati o impostati a regola d'arte. Si registrano canoni messi su in maniera ancora una volta improvvisata e contrasti fra grugniti, rumorismo e limpidi arabeschi vocali tipici del canto lirico. C'è posto per citazioni pop con la beatlesiana Yesterday e folk per mezzo di "Quel mazzolin di fiori"....Per aggiungere sapori al già speziato menù, vengono ricordati slogan pubblicitari (il tonno insuperabile) o ci si sofferma su un verso ripetuto diverse volte per ottenere l'effetto dello straniamento. E proprio la decontestualizzazione o la contestualizzazione sono due punti di appoggio certi per Francesco Cusa che, sicuramente, si è divertito molto in questa situazione. Peccato che il divertimento, intellettuale fin che si vuole, resti dalla parte di chi produce la musica e non arrivi a chi la fruisce Per completare l'opera, inoltre, il maestro di cerimonia ha usato il nonsense, l'ironia o si è rifugiato nel surreale per affibbiare i titoli ai vari brani. Così si può rimanere rapiti da "Il canto di Montecristo" o gustare il "Latte e miele in insalata di porco" o sognare di trascorrere " Un mercoledì da Teddy Reno" e chi ne ha più ne metta (o ne tolga).

Dopo tante prove di valore questa volta il batterista e compositore, anima di Improvvisatore Involontario, non riesce ad essere convincente, malgrado il potenziale di una formazione di ottimo livello al suo fianco. Si ha l'impressione, in sintesi, che il conduttore si sia perso in tante diverse ispirazioni senza giungere a coordinarle in un'opera dotata di una sua evidente logica interna.

Gianni Montano per Jazitalia

06.04.2014